Donne in carriera?
Non in Italia. Il nostro paese è infatti all'ultimo posto in Europa per presenza femminile nei luoghi di potere decisionale, sia politico, sia economico o sindacale. Lo sottolinea l'associazione Arcidonna, che ha effettuato un monitoraggio nei settori chiave per verificare quantità e qualità dei ruoli ricoperti dalle donne nella società italiana. A Roma, a Palazzo Ferrajoli, sono stati presentati cifre e dati che confermano le difficoltà affrontate dalle donne italiane a raggiungere i vertici decisionali.
Donne e politica
La ricerca dimostra che in Italia la presenza femminile negli organi direttivi dei partiti si attesta al 15%, rispetto alla soglia critica del 35% indicata come soglia minima di un giusto equilibrio tra i sessi. La sinistra batte la destra, che registra lo zero assoluto della Lega. In Fi e An la presenza femminile è pari a circa il 6%, nel Nuovo Psi dell'11%, nell'Udc del 7% e nell'Udeur del 9%. Tra l'opposizione i Ds presentano un 31% di presenza femminile, la Margherita il 12%, il Pdci un 40%, lo Sdi 16%, i Verdi 34% e Rifondazione comunista 34%. Il risultato si riverbera direttamente sui quadri istituzionali: la presenza di donne in Parlamento è molto scarsa: 11,5% dei seggi alla Camera e l'8% in Senato. Al governo solo 8 donne su 80 ricoprono ruoli decisionali: due ministri e sei sottosegretarie.
Donne e sindacato
Lo scenario tracciato per i partiti vale anche per i sindacati, dove, sottolinea lo studio, “solo la Cgil, applicando il criterio della non discriminazione ha una corretta presenza di donne pari agli uomini". Ma il dato medio rimane sconfortante: la presenza femminile si attesta al 10%, mentre nella Cgil si arriva al 38%.
Donne e economia
A fronte di una percentuale considerata corretta per l'accesso delle donne al lavoro impiegatizio in banca - il 47% - la cifra cala vertiginosamente se ci si avvicina al vertice della piramide. Nei quadri il numero scende ad un 22%, fino a rarefarsi in un 4%. Nel 40% della banche, non ci sono donne dirigenti. Tra le parlamentari presenti, Maura Cossutta, Pdci, che ha parlato della questione in termini di un “problema di democrazia, non solo di modernità” ha criticato i partiti di governo per "non aver recepito la lezione del femminismo e pur presentando donne libere e coraggiose come la Mussolini, non ha adottato uno statuto antidiscriminatorio. Daniela Santanchè, An, ha replicato facendo autocritica: "Un tempo rabbrividivo all'idea di inserire soglie minime e azioni positive nella configurazione dei partiti. Era miopia o forse retaggio della mia cultura politica. Oggi ho cambiato idea perché mi sono resa conto che le donne pagano per una situazione storica. Ora credo anzi che gli aiuti alle donne vadano estesi anche ai settori dell'economia, dove le donne hanno pochi ruoli decisionali. Ma oltre a questo - conclude la Santanchè - serve che le donne inizino a solidarizzare, a fare branco. E invece si impedisce sempre che un'altra donna abbia successo perché i posti in palio sono pochi. Ecco perché bisogna assegnarne di più alle donne”. Anche Mariella Gramaglia, Ds, si è detta a favore di "lobby democratiche delle donne. Ma serve soprattutto dare valore sociale al mondo della politica e dell'impresa per invogliare le donne a prendervi parte".
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